da “Affaritaliani.it” del 8/11/2018 – Non è soggetta all’IRAP l’attività svolta dal promotore finanziario che non presenta i caratteri dell’autonoma e abituale organizzazione; l’ammontare dei compensi percepiti, da essa derivati, è irrilevante.
E’ questo il principio affermato, ancora una volta, da una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la n. 6862/07/18 depositata il 4/10/18 (liberamente visibile su www.studiolegalesances.it- sez. Documenti) nella quale si ribadisce che “… l’ammontare dei compensi è un dato irrilevante ai fini della verifica del presupposto d’imposta in ragione del carattere reale dell’Irap, espressamente predicato dall’art. 1 comma 2 del D.lgs. n. 446/97. Il presupposto dell’Irap, infatti, non è il reddito ma l’esercizio abituale di un lavoro autonomo con l’ausilio di una struttura organizzata, cioè un complesso, autonomo e distinto dalla figura lavorativa del contribuente, capace di creare come dice la Corte Costituzionale valore aggiunto rispetto alla mera attività personale del contribuente. Quel che rileva, ai fini del presupposto d’imposta, è solo l’autonoma organizzazione e non l’entità dei compensi…”
In altre parole, ai fini dell’assoggettabilità del professionista o del lavoratore autonomo all’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive), è necessaria la presenza di un’attività lavorativa abituale ed autonomamente organizzata.
Per saperne di più abbiamo chiesto chiarimenti all’Avv. Matteo Sances, noto avvocato tributarista e legale del contribuente a cui è stato riconosciuto il rimborso.
Avvocato Sances, quando il professionista ha diritto al rimborso Irap?
Per la Commissione Tributaria di Roma il diritto al rimborso sorge laddove il professionista sia l’unico responsabile dell’organizzazione, impieghi per l’esercizio dell’attività il minimo indispensabile dei beni strumentali e si avvalga di lavoro altrui solo in maniera occasionale.
Tale valutazione, comunque, non riguarda l’ammontare di eventuali compensi percepiti dal professionista (nel caso di specie del promotore finanziario) per l’esercizio della propria attività -già tassati- imputabili esclusivamente alle sue capacità di guadagno.
Sul punto, infatti, i giudici tributari affermano che “…la ricchezza prodotta dall’impiego coordinato delle proprie facoltà mentali, attitudini e spirito di iniziativa costituisce profitto esclusivamente derivante dalle capacità del professionista che come tale non può essere ritassato dopo aver scontato l’Irpef quale reddito di lavoro autonomo, in quanto costituirebbe una illegittima duplicazione…. Da ultimo l’ord. n. 19607 del 16.09.2010 ha definitivamente confermato il principio secondo il quale i compensi percepiti, seppur consistenti, non sono sufficienti per attribuire l’adeguata organizzazione necessaria per l’assoggettamento all’Irap…”.
L’Imposta regionale sulle attività produttive non colpisce, quindi, il reddito derivante dal lavoro autonomo, ma esclusivamente l’organizzazione di cui il professionista si avvale per l’esercizio della propria attività.
L’Irap, come sottolinea la Corte Costituzionale con la sentenza n. 156/2001, tassa, dunque, il “valore aggiunto” e cioè l’incremento di capacità produttiva rispetto alla semplice attività personale, derivante dalla combinazione di mezzi e di uomini.
I giudici romani, nella sentenza in commento, chiariscono, difatti, come presupposto dell’imposta non è la natura dell’attività, ma il modo -organizzato ed autonomo – in cui la stessa è svolta.
Tale pronuncia conferma sostanzialmente quanto già sancito nel precedente grado di giudizio dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con la sentenza n.18354/41/16 (anch’essa visibile sul sito www.studiolegalesances.it – sezione Documenti) e si inserisce, pertanto, in un filone giurisprudenziale ben consolidato, anche alla luce delle sentenze a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 12108,12109, 12110,12111 del 26/05/2009.
Ringraziamo l’Avv. Matteo Sances per i chiarimenti forniti.
Avv. Raffaele Ingusci